Progettare la formazione e attuare il cambiamento

Negli ultimi anni la trasformazione digitale ha portato sostanziali cambiamenti nel mondo in cui viviamo, mutamenti che troviamo dal punto di vista economico, sociale e culturale.


Tale rivoluzione ha mutato profondamente confini tra apprendimento, sviluppo organizzativo e comunicazione diventano sempre più labili.


Come ogni cambiamento, questo processo porta con sè una serie di criticità che il leader di L&D deve affrontare e risolvere affinchè il processo formativo possa procedere ed evolvere senza intoppi in modo da creare, da un certo punto in avanti, un rilevante impatto sull’ambiente lavorativo e sulle prestazioni aziendali.

La gestione di tale cambiamento è un processo decisamente complesso in quanto non riguarda solo l’ambito della formazione ma si cala all’interno di un contesto organizzativo che necessita di essere coerente con il modello di learning qui teorizzato (ovvero quello che si ispira alla learning organization).


Uno degli elementi di coerenza è, più in generale, la cultura aziendale e, nello specifico, la cultura della formazione. Coloro i quali hanno dimestichezza con processi di cambiamento all’interno delle organizzazioni sanno che il cambiamento culturale rappresenta la madre di tutti i cambiamenti, e come tale va a toccare molteplici equilibri, interessi, retaggi e abitudini, incontrando inevitabilmente diffidenza e resistenza.

A supporto della leadership di L&D e, più in generale, del top management che intende trasformare la propria azienda in una “organizzazione che apprende” ci sono diversi metodi e modelli a cui ispirarsi, tenendo ovviamente conto del contesto in cui ci si trova ad operare.

Quello che risulta essere più adatto al contesto dell’apprendimento in azienda è il modello di Kotter, modello basato sul concetto di leadership, ritenuto da molti il massimo studioso di cambiamenti organizzativi. Questo metodo è particolarmente utile quando ci troviamo in un contesto organizzativo che vuol transare da un modello formativo destrutturato e locale ad un modello di learning strutturato, globale ed integrato alla strategia aziendale.

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Il metodo di Kotter per progettare la formazione e attuare il cambiamento

Affinchè il cambiamento possa realizzarsi con successo è necessaria una strategia di introduzione del nuovo una forte partecipazione e motivazione delle persone coinvolte. E’ grazie a questa strategia che è possibile predisporre processi e strumenti per gestire l’impatto causato da un nuovo modo di aggiornare le proprie conoscenze e allenare le proprie competenze.
Per definire il suo modello Kotter ha prima analizzato quali sono  gli errori più gravi e più comunemente commessi dalle aziende durante l’implementazione di un cambiamento organizzativo andando poi a stabilire quali azioni andrebbero fatte per creare i presupposti per implementare una trasformazione con successo.

Le persone non hanno paura del cambiamento.

Hanno paura del cambiamento che non comprendono.

Creare senso di urgenza. I cambiamenti nelle aziende sono molto difficili da realizzare, ciò è dovuto alla compiacenza presente in esse e alla resistenza posta dalle persone. Il senso di urgenza diventa un fattore fondamentale perché spinge le persone ad accettare i cambiamenti e ad impegnarsi affinché avvengano, fa in modo che le persone lo percepiscano come una cosa che va fatta e non può essere rimandata.


Per poter incrementare il livello dell’urgenza è importante stabilire degli obiettivi più alti, definire degli standard più elevati, avere feedback che facciano capire dove si trovano le problematiche. Nell’ambito della formazione, le attività che possono aumentare la consapevolezza che un certo cambiamento nel modo di formarsi è urgente possono essere:


– Assessment attraverso quiz sui concetti (verifica delle conoscenze) e su situazioni (verifica delle competenze)
– Questionari in cui si invitano le persone a fare un self-assessment (naturalmente spiegando che la finalità è quella di individuare argomenti di loro interesse che abbiano un certo impatto sulle prestazioni quotidiane)
– Interviste in cui ci si scambiano in maniera onesta e costruttiva difficoltà e problemi che la formazione potrebbe colmare
– Impostare degli obiettivi il cui raggiungimento richiede una certa padronanza di concetti e abilità – Inviare ai discenti dati relativi al livello di soddisfazione dei clienti (interni od esterni), in particolare quelli che dimostrino i punti deboli

Oltre alla consapevolezza gli approcci appena descritti permettono di avere una prima mappatura dei gap di conoscenze, ottimo punto di partenza per delineare l’insieme dei contenuti su cui iniziare a focalizzarsi.

Questo primo passo necessita di una leadership di spessore in grado di trasmettere a tutta l’organizzazione, anche attraverso dati oggettivi raccolti, il senso di urgenza (e quindi di importanza) dell’apprendimento continuo. Per avere un adeguato senso di urgenza rispetto al cambiamento in oggetto, almeno il 70-80% delle persone deve essere convinto di questo.

Creare una coalizione guida. Per essere certi che un cambiamento vada in porto è necessario che vi sia un team opportunamente selezionato che permetta di preparare, pianificare, attuare e sostenere il processo di cambiamento. Il criterio di scelta deve essere molto accurato e, per essere adeguato, deve considerare fattori come il livello di potere (ci sono tutti i giocatori chiave a bordo?), autorevolezza, credibilità e leadership (ovvero leader in grado di contribuire al successo del cambiamento). Un mix quindi di competenza manageriale e leadership, necessario per tenere sotto controllo il processo e per guidare il cambiamento.

Aggiungerei altre virtù che dovrebbero avere i componenti di questo importante team, ovvero l’apertura mentale, l’empatia e la predisposizione alla inclusione; tutti fattori che possono creare fiducia ed energia attorno al processo. Avere una coalizione che aderisca ai criteri sopra menzionati permetterà di far sì che si pongano le basi per la creazione di una cultura della formazione in grado di contrastare le inevitabili inerzie all’interno dell’organizzazione.

Creare visione e strategia. Avere una visione significa avere in mente ciò che si vuol diventare in futuro. Per fare in modo che tale visione abbia i suoi effetti sulle decisioni e sui comportamenti è necessario che questa venga co-costruita con tutti i stakeholder e, quindi, che non venga solo calata dall’alto.
Visione non vuol dire solo avere la direzione dove andare, ma deve incorporare anche motivazione e coesione in coloro che nel cambiamento sono coinvolti. Solo con il consenso è possibile superare le difficoltà lungo il cammino, e fare in modo che le persone si trasformino nel breve-lungo termine da soggetti passivi (“consumer”) di contenuti formativi a protagonisti attivi in qualità di esperti in un certo argomento e/o produttori a loro volta di contenuti (“prosumer”).


Le caratteristiche di una visione del modello formativo del futuro dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
Immaginabile, cioè in grado di trasmettere un’immagine di come sarà in futuro
Desiderabile, ovvero utile e pratica a tutti coloro che all’interno dell’organizzazione ne faranno uso
Fattibile, ovvero che sia economicamente sostenibile e caratterizzata da obiettivi raggiungibili
Flessibile, cioè che sia formulata in modo da adattarsi ad eventuali mutamenti delle condizioni e dei fabbisogni
Comunicabile, cioè che sia facile e veloce da far comprendere
Impattante, nel senso che deve evidenziare come essa impatterà in modo rilevante sui gap di conoscenza delle persone e conquisterà il loro consenso

Comunicare la visione del cambiamento. Il vero potere di una visione raggiunge il proprio potenziale unicamente quando la maggior parte delle persone coinvolte in un’impresa o attività comprendono i suoi obiettivi e la sua direzione. Lo scopo ultimo è quello di “portare a bordo” dell’iniziativa il maggior numero di persone nel più breve tempo possibile, ovvero reclutare dei veri e propri sostenitori della formazione in azienda.


Per trasmettere in modo adeguato i principi e gli obiettivi della visione oggi esistono tecniche e strumenti di vario tipo. Si possono sfruttare strumenti come newsletter, meeting, focus group, workshop, presentazioni, demo. Dal punto di vista comunicativo è essenziale saper ispirare (lo storytelling può essere, ad esempio, un’arma formidabile), dare un’immagine di ciò che sarà il futuro in modo semplice, ripetuto con un’adeguata frequenza invitando i destinatari a fornire feedback, suggerire idee, fare domande.

Rimuovere resistenze e ostacoli.

Rimuovere resistenze e ostacoli. Sappiamo già in partenza che ogni cambiamento presenta lungo il suo cammino ostacoli e resistenze da parte di certe persone o da parte dell’ambiente in cui operiamo. Gli ostacoli più frequenti riguardano aspetti:

– culturali (“io ne so già abbastanza, non ho bisogno di fare corsi”, “I corsi sono solo una perdita di tempo…”)
– organizzativi (es. “fino a ieri la formazione la gestiva la funzione delle HR…”, “non ho tempo per seguire i corsi”, …)
– capacità (vedi il fenomeno del digital divide)
– sistemi (“per fare i corsi devo entrare in un altro sistema, non ricordo mai le mie credenziali…”)


Conoscendo a fondo tutti gli aspetti che, in qualche modo, creano ostacoli al pieno sviluppo del cambiamento possiamo (anzi, dobbiamo) intervenire per rimuoverli o ridimensionarli.
In questo caso la formazione può essere sia il fattore che genera il cambiamento sia il fattore che risolve ostacoli dovuti alla mancanza di conoscenze/competenze necessarie per poterla attuare. Inoltre, se ben progettata, la formazione diventa uno degli elementi che agiscono nella sfera emozionale dell’utilizzatore, diventando un fattore che da potenziale problema (“non ho voglia di studiare quell’argomento, è troppo noioso…”) a fattore coinvolgente e utile.

Creare e celebrare le vittorie. Le iniziative di successo, seppur piccole (quick-win), hanno sempre una certa presa sulle persone. In più, danno gratificazione e motivazione a chi ha contribuito ad implementarle (gli agenti del cambiamento), convincono sempre di più gli indecisi, “indeboliscono” le opinioni degli scettici/oppositori (è difficile bloccare ciò che funziona e diventa desiderabile).

Per esempio, co-creare con qualche esperto in materia un primo corso e-learning (su un argomento particolarmente sentito, progettato con tutti gli elementi di usabilità, utilità e coinvolgimento) e farlo visionare ad un piccolo ma autorevole gruppo di discenti potrebbe essere un modo per creare il primo successo. Attraverso i canali comunicativi a disposizione all’interno dell’organizzazione (social media aziendale, intranet, o qualsiasi altro media che trasmette le news) potresti dare visibilità all’iniziativa e al suo successo, iniziando a stimolare curiosità, coinvolgimento e cultura della formazione.


Gli ingredienti per selezionare questo “prototipo” devono possedere almeno tre caratteristiche:

Essere visibili, nel senso che i risultati dell’iniziativa deve essere verificabili direttamente e reali
Essere inconfutabili, nel senso che non deve dare luogo a discussioni
Essere connessi al processo di cambiamento

Consolidare i risultati e supportare il cambiamento. Una volta incassati i primi successi è necessario consolidare il modello cercando di migliorare ciò che sta funzionando meno e insistere su ciò che invece si sta rivelando vincente. E’ una fase importante in quanto si deve sfruttare la “spinta” dei primi successi per portare la macchina del cambiamento a regime.

Consolidare il cambiamento. E’ l’ultimo miglio da percorrere, fondamentale affinchè il cambiamento cessi di essere tale e diventa consuetudine, ovvero assorbito completamente dall’organizzazione. In questa fase di cerca di consolidare l’aspetto culturale attraverso un’opportuna strategia di comunicazione, facilitando l’interiorizzazione del nuovo modello al fine di scongiurare un ritorno al passato.

Il modello appena esposto necessita di un tempo adeguato per essere sviluppato, persone preparate e con attitudine al cambiamento, e deve coinvolgere attivamente il management aziendale. Non può essere preso in considerazione quindi in momenti di “crisi” o eventi inaspettati in quanto deve essere portato avanti in modo scrupoloso e attento.

Non c’è molta alternativa al cambiamento in quanto è l’unico processo in grado di mantenere le aziende competitive, non c’è alternativa alla formazione in quanto è l’unico strumento per mantenere il vantaggio competitivo sostenibile nel tempo.


Un ecosistema formativo in grado di adattarsi alle specifiche esigenze del discente migliora esponenzialmente l’efficacia del suo operato.
E’ in grado di sorprendere e coinvolgere il discente, nonchè facilita la sua comprensione e la memorizzazione dei concetti. In questo modo il discente si sente riconosciuto e supportato dal sistema.


– Introdurre un nuovo ecosistema educativo in azienda equivale, nella maggior parte dei casi, a progettare la formazione e attuare, di fatto, il cambiamento organizzativo

– Il modello a cui potrebbe essere utile ispirarsi è quello di Kottler, un modello basato sulla leadership. Uno dei fattori essenziali su cui si basa il modello è quello del “senso di urgenza”; in pratica, se le persone non percepiscono il bisogno di una certa cosa non avranno alcuno stimolo a farne uso.


– Fattori quali committment da parte del management, comunicazione e coinvolgimento degli stakeholder sono le pietre miliari su cui progettare il cambiamento organizzativo che sia vincente e che abbia un certo impatto


– Il cambiamento è spesso osteggiato in quanto, per molti, costituisce un salto nel buio che causa paura. Tutto ciò che crea resistenza e ostacoli va affrontato in modo deciso e strutturato al fine di rimuovere o ridimensionare tutto ciò che potrebbe far fallire il cambiamento.


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